Cari lettori queste sono le credenze disfunzionali “Belief” a cui tutti, me compreso, siamo sensibili e talvolta, non essendone a conoscenza (e non avendo coscienza e consapevolezza della loro esistenza), in maniera automatica, involontaria e “inconscia”, ci condizionano i pensieri, le emozioni, i comportamenti e in ultima analisi la qualità delle nostre vite, le relazioni affettive, sentimentali, famigliari, professionali ecc.
- Pensiero catastrofico;
- fallacia d’equità;
- doveri disfunzionali;
- aver sempre ragione;
- fallacia della ricompensa;
- fallacia del passato.
Assumendo e consolidando nelle nostre vite, dall’infanzia fino all’età adulta, passando per l’adolescenza (altro periodo estremamente sensibile e critico per facilitare il consolidamento di questi belief), un sistema di valori e convinzioni (belief) secondo cui spesso la ragione per cui ci impegniamo in una determinata attività è al fine di fare bella figura, per sentirci lodati, di creare nell’altro un sentimento di gratitudine o altro… Fare qualcosa aspettando il “grazie” da parte degli altri è di fatto un’operazione quanto mai rischiosa e tutto sommato errata. Quindi qual è la ragione per cui facciamo certe cose? Per piacere, per affetto, per conformismo, per interesse, per ottenere vantaggi in funzione della gratitudine, per tentare di legare o condizionare una persona significativa… Invece a mio avviso è importante non dipendere troppo dagli altri, sentendosi il piacere di fare qualcosa all’altro senza aspettarsi gratitudine e riconoscimento. Averlo fatto solamente per il gusto di farlo rispetto ai propri bisogni e al proprio piacere di compiere tale azione. Guardarsi dentro e osservare i propri bisogni è un prerequisito fondamentale per sentirci maggiormente autonomi e indipendenti senza alimentare convinzioni tendenziose come per es. “Se lui mi amasse veramente, mi aiuterebbe più a casa…, uscirebbe con me più spesso ecc.”. Quante liti avremmo potuto evitare se avessimo accettato il fatto, ovvio ma negletto, secondo cui ciò che è giusto per una persona può non esserlo per un’altra, anche se a noi molto vicina?
Per esempio un’altra credenza molto frequente e diffusa a cui siamo, gran parte di noi oggigiorno, molto portati a consolidare e a cercare di soddisfare sono le doverizzazioni. In una società in cui vengono richieste alte performance prestazionali e quindi dimostrare continuamente agli altri la propria competenza e professionalità, possiamo correre il rischio di impostare la nostra vita attorno ad un elenco pressoché infinito di doveri. Intendiamoci, alcuni o molti di questi sono indispensabili ai fini di una vita socialmente accettabile e soddisfacente. Altri non svolgono alcuna azione né accettabile, né utile dal punto di vista sociale. Fanno solamente male a chi li possiede.
Doveri cosiddetti disfunzionali:
– Dover essere competente in tutto e di fronte a tutti;
– Dover piacere sempre a tutti;
– Dover risolvere tutti i problemi che si presentano;
– Dover sempre controllare le proprie emozioni ecc.
Questo atteggiamento rigido e pretenzioso può farci pensare che “Se è un amico, deve stimarmi” oppure “Devo essere più bravo del corso!”.
Per concludere, al fine di avvicinarsi alle “52 idee per volersi bene” e metterle in pratica, è opportuno un allenamento costante e quotidiano, avere una buona conoscenza di sé stessi e delle proprie sensibilità, anche soprattutto alle proprie convinzioni e belief.