Il trauma è definito come un evento emotivamente non sostenibile per chi lo subisce, pertanto un evento traumatico è un evento stressante dal quale non ci si può sottrarre. La prima condizione della situazione estrema è che non vi è via di fuga, non c’è luogo in cui scappare (Tarantelli, 1992). Vivere una situazione minacciosa al quale è impossibile sottrarsi o reagire efficacemente, genera dunque un senso di sfiducia conseguentemente all’impotenza. Il trauma attiva arcaici meccanismi di difesa dalle minacce ambientali (immobilità tonica o freezing, immobilità cataplettica dopo le reazioni di attacco – fuga), che provocano il distacco dall’esperienza di sé e del mondo esterno con conseguenti sintomi dissociativi di depersonalizzazione e derealizzazione. Questo distacco causa una brusca sospensione delle normali capacità di riflessione e mentalizzazione (metacognizione) e un ostacolo all’integrazione dell’evento traumatico nella continuità della vita psichica. Da questa dis-integrazione delle memorie traumatiche rispetto al flusso continuo dell’autocoscienza e della costruzione di significati, deriva la frammentazione delle rappresentazioni di sé e non permette l’integrazione dei molteplici stati dell’io in funzione del tempo e dello spazio.
E’ pertanto importante distinguere i traumi complessi dai traumi singoli e accidentali. I traumi singoli sono per esempio incidenti stradali, episodi isolati di violenza, terremoti e altre catastrofi naturali. Questi traumi si caratterizzano per la loro natura violenta e improvvisa. La reazione di intensa paura al sentimento di perdita della propria vita e quindi di controllo dell’ambiente circostante non più prevedibile e sicuro, associato al sentimento di perdita della propria salute psicologica e fisica, attiva necessariamente comportamenti di sopravvivenza automatici ed evolutivamente funzionali di attacco, fuga, freezing o congelamento difficilmente integrabili ai livelli più evoluti della nostra mente in termini di coscienza e consapevolezza.
Conseguentemente a questi traumi, nel caso in cui l’esperienza vissuta dalla persona non viene integrata ed elaborata con l’aiuto e il sostegno delle figure di riferimento significative (famigliari e/o sanitarie), possono manifestarsi varie forme di disturbi psicologici come per esempio agorafobia e attacchi di panico, disturbi del sonno, problematiche ossessive e compulsive, ecc.
I traumi complessi sono eventi traumatici multipli che si ripetono in intervalli di tempo prolungati. Per esempio i traumi complessi di tipo interpersonale come gli abusi e i maltrattamenti alle quali la vittima non può sottrarsi, come la relazione fra un bambino e un genitore maltrattante e più in generale nelle relazioni fra la vittima e i suoi carnefici. Traumi interpersonali prolungati durante lo sviluppo sono spesso causa di senso di impotenza e scarso senso di efficacia personale. La dipendenza da coloro che sono la causa dell’esperienza traumatica può provocare la tendenza a idealizzare le figure maltrattanti e addirittura a proteggerli (identificazione con l’aggressore per Ferenczi, 1933). La teoria dell’attaccamento di Bowlby nel 1969, lo spiega col bisogno di adattarvisi per ottenere comunque un minimo di vicinanza protettiva, sia nel caso del genitore maltrattante durante l’infanzia, sia di altre figure di riferimento nella vita adulta come il coniuge.
Nella mia esperienza clinica ho riscontrato traumi complessi presenti nelle memorie traumatiche dell’adulto, quando da bambino ricordava episodi e comportamenti di attaccamento invertito, per ricercare comunque una vicinanza affettiva seppur disfunzionale con la figura di riferimento. In altre parole il bambino effettua tentativi di accudimento e protezione nei confronti del genitore fragile e/o maltrattante. Talvolta per ridurre un sentimento di impotenza e intenso disagio, il bambino può effettuare ripetuti tentativi di cambiare il genitore maltrattante oppure di salvarsi da esso, utilizzando strategie seduttive e manipolatorie. Queste esperienze dolorose possono essere integrate e far parte della storia di apprendimento dell’adulto come repertorio comportamentale e affettivo disfunzionale che può instaurare con l’ambiente sociale, professionale e affettivo (partner, colleghi, coniuge ecc.).
Rif. Sviluppi traumatici. Eziopatogenesi, clinica e terapia della dimensione dissociativa, di Giovani Liotti e Benedetto Farina, (2011) . Raffaello Cortina Editore, Milano.