I disturbi d’ansia sono senza dubbio tra i disturbi psicologici più diffusi insieme a quelli depressivi.
Quando si verifica un evento avverso e potenzialmente minaccioso si chiede a sé stessi se è una minaccia per la propria incolumità fisica e psicologica.
L’evento viene valutato alla luce di precedenti esperienze personali con eventi simili e secondo il senso comune e culturalmente condiviso per quanto attiene al livello di pericolosità associato a tali eventi.
Ad esempio, se si viene svegliati da un cigolio di una porta e si decide che è stato provocato dal gatto oppure dal vento si può ritornare facilmente a dormire. Diversamente se decidiamo che potrebbe essere stato provocato dai ladri, si diventa istantaneamente vigili e ansiosi, con il cuore che batte forte e la bocca secca mentre si cerca di decidere cosa fare.
Pertanto non è l’evento in sé lo stimolo che genera la reazione d’ansia, ma è l’interpretazione e la valutazione che facciamo dello stimolo a generarla (“vissuto” soggettivo degli eventi).
Quindi lo stimolo interpretato e i pensieri che abbiamo in termini di pericolo, anche se in realtà non vi sono rischi reali per l’incolumità della persona, ha una risposta cognitiva in termini di pericolosità.
La risposta emotiva rispetto a questo tipo di interpretazione è la paura con sintomi di ansia, che sollecitano risposte comportamentali e fisiologiche associate all’evitamento o alla fuga.
Questo schema di funzionamento per i nostri antenati è stato evolutivamente adattivo ed estremamente efficace per sopravvivere in un ambiente ostile e pericolo.
Adesso abbiamo l’opportunità e la fortuna di vivere in un contesto civilizzato, pertanto le interpretazioni e le valutazioni che facciamo degli stimoli che ci circondano dovrebbero essere percepiti meno pericolosi e ostili rispetto a milioni di anni fa.
Ma questo purtroppo alcune volte non accade, con il conseguente emergere del disturbo d’ansia.
Una delle caratteristiche più salienti del disturbo d’ansia è sicuramente il fenomeno del rimuginio, in quanto le persone gli attribuiscono una funzione positiva di attenuazione soggettiva dell’ansia e l’idea che esso contribuisca alla soluzione dei problemi.
In molti casi è una strategia perdente della persona, per affrontare la molteplicità dei problemi che lo assillano (Borkovec et al. 1995;1998).
Le persone con questo disturbo lamentano preoccupazioni sproporzionate rispetto all’evento temuto, che si estendono solitamente a diverse aree tematiche, quali la propria famiglia, il lavoro, la salute personale ecc. Si descrivono di solito come persone sensibili o nervose per natura. La tendenza a preoccuparsi è in genere di lunga durata per molti mesi.
Con il tempo le preoccupazioni e l’ansia possono contribuire a determinare eccessiva stanchezza, cefalea, insonnia e disturbi epigastrici.