William Styron, lo scrittore vincitore del premio Pulitzer, ha scritto “Sono estremamente critico nei confronti del termine depressione, un termine con una tonalità così scialba, che difetta ogni presenza autorevole, usato indifferentemente per descrivere una contrazione economica o un solco nel terreno, una parola decisamente insulsa per rappresentare un disturbo tanto importante. Sulla stessa linea di ragionamento, siamo veramente in grado di distinguere fra umore depresso, cordoglio o dolore per una perdita, sindrome depressiva e disturbo depressivo?”.
La tristezza è un umore depresso, una normale reazione agli eventi negativi della vita, che in genere dopo qualche tempo si attenua senza doverci lavorare sopra.
Il cordoglio è uno stato d’animo più prolungato e intenso, tipicamente innescato da un’importante perdita in cui il problema è la perdita stessa, più che il cliente o il suo senso di colpa.
Un passo oltre l’umore depresso, la sindrome depressiva è una costellazione di sintomi che possono includere un’iperreattività nei confronti di un evento attivante negativo, e altri sintomi cognitivi, emotivi, comportamentali e fisici.
Poi c’è la depressione, intesa come disturbo. In realtà, sarebbe meglio parlare di diversi tipi di “depressione”, ovvero di uno spettro di disturbi che appaiono in larga misura ereditari e spesso sono ricorrenti” (Walen, Rader, 1991).
La depressione: cause e sintomi
La persona con sintomi depressivi ha una visione negativa di sé stesso, delle sue esperienze attuali e del suo futuro. Pertanto, egli tenderà a non fare determinate cose nel timore di non riuscirci.
Nell’individuo incline alla depressione, un evento traumatico esterno può costituire la scintilla per l’attivazione di un meccanismo depressivo.
Ad esempio la perdita del lavoro, può attivare delle strutture cognitive latenti di incapacità ad avere successo nella vita, che conseguenzialmente possono portare alla depressione. In questo caso possiamo affermare che l’umore della persona si abbassa quando un evento sperimentato viene percepito e valutato come perdita e fallimento.
La perdita è un danno che si verifica nella realtà percettiva della persona, agli oggetti del proprio dominio personale, in cui la capacità di controllo della realtà diminuisce. Il sentimento di perdita dipende dalle caratteristiche della persona e dalla sua storia di apprendimento, dall’età e dai significati che attribuisce all’oggetto perso.
Frequentemente la persona con una psicopatologia depressiva, si attribuisce in maniera totalizzante e terribilizzante la responsabilità agli eventi negativi e nel caso in cui sperimenta risultati soddisfacenti, giustifica il proprio successo alla facilità del compito. In questo caso l’astrazione selettiva che può svolgere un paziente è nell’isolare un particolare dal tutto, comportandosi come se esso in realtà corrispondesse al tutto (per esempio, quando si focalizza sugli aspetti negativi di una situazione, ignorando quelli positivi).
La soluzione: Riprendere il controllo
Per la persona affetta da stati depressivi è di fondamentale importanza riprendere il controllo di una realtà che non si vede più e viene percepita senza prospettive e speranza per il futuro, maturando un’organizzazione depressiva che tende a minare continuamente l’esame di realtà dell’individuo, divenendo così autonoma e indipendente dall’esterno e pertanto scarsamente influenzabile dai cambiamenti ambientali.
Questo spiega l’apparente non reattività nei confronti degli stimoli esterni contrari alla visione negativa della realtà, non provando soddisfazione per alcun traguardo raggiunto e stimoli potenzialmente appaganti e gratificanti per il proprio benessere e valore personale.
Il rischio suicidio
Quando si affronta l’argomento “depressione” non si può evitare di discutere anche dell’argomento “suicidio” in quanto, come è noto dalla letteratura, i pazienti depressi rappresentano la categoria che tenta più frequentemente il suicidio. Con il paziente che manifesta tendenze suicide è opportuno porsi come primo obiettivo l’evitamento di tentativi di suicidio e solo come obiettivo secondario la risoluzione della sintomatologia depressiva.
Il ruolo della psicoperatia
Pertanto la psicoterapia Cognitivo Comportamentale, interviene a livello cognitivo sugli schemi patogeni e distorsioni cognitive, sull’umore e sull’immagine negativa che il paziente ha di sé, con l’obiettivo di comprendere e gestire al meglio le proprie emozioni e i propri comportamenti, prevenire eventuali ricadute e innalzare il tono dell’umore.
Contemporaneamente a questo intervento psicoterapeutico, il paziente può seguire una cura farmacologica per il trattamento degli stati depressivi maggiori.
Come una stanza buia e disordinata, è difficile muoversi tra i diversi oggetti che la riempiono. Accendendo la luce per mezzo della consapevolezza delle proprie difficoltà e delle proprie capacità, è possibile rimetterla in ordine e muoversi liberamente senza correre il rischio di cadere.