La schizofrenia è un disturbo psicotico grave nella maggioranza dei casi ad andamento cronico. Le manifestazioni essenziali della schizofrenia sono date da un insieme di sintomi caratteristici tra i quali i più comuni sono:
- deliri ossia delle convinzioni contrarie alla realtà, durature, fermamente sostenute, malgrado le prove del contrario e dissonanti rispetto al contesto culturale di appartenenza della persona;
- la disorganizzazione e la frammentazione del pensiero;
- affettività appiattita o inappropriata rispetto alla situazione;
- ritiro sociale, caratterizzato dalla perdita d’interesse per le altre persone e per le attività sociali in generale;
compromissione dei rapporti interpersonali e lavorativi.
Nella terapia cognitivo comportamentale l’intervento elettivo dell’esordio schizofrenico è normalizzare alcune forme allucinatorie, relativizzandole e contestualizzandole. Ad esempio quando il paziente racconta una allucinazione, può in parte essere tranquillizzandolo mettendolo a conoscenza che molti di noi, quando ci addormentiamo, possiamo avere un’esperienza analoga definita come allucinazione ipnagogica. Il guaio del paziente è che questi stati allucinatori gli vengono anche quando non sta per addormentarsi. In questo modo riuscire a restare con il paziente sul noi universale, può aiutarlo a sentirsi nuovamente facente parte del genere umano. Quando siamo stressati, tutti noi rischiamo di più le allucinazioni. In certi momenti di stress, può capitare di sentire il proprio nome pronunziato e questa è considerata un’esperienza comune. Ad esempio nello stress del lutto, le allucinazioni non sono considerate abnormi: “l’ho visto per la strada, dottore, era proprio lui. Era mio marito!”. Poi naturalmente c’è una certa critica: “ma no, non poteva essere lui”. Pertanto solo dopo che si è creata una certa distanza critica a quest’area allucinatoria e delirante di “come se”, che aiutiamo il paziente a dire: “è come un sogno”, e quindi a indurre un minimo di critica, a questo punto il terapeuta può cominciare il lavoro sul delirio.
Il delirio è un’idea delirante è un’idea falsa, incrollabile, mantenuta con straordinaria convinzione e certezza soggettiva. I contenuti possono essere molto vari: di persecuzione (spesso sostenuti da idee di riferimento), di trasformazione, religiosi (o mistici), depressivi, ipocondriaci, nichilistici, di colpa, di rovina, di grandezza, erotomanici, di potenza e geneaologici, di gelosia, di controllo nel furto del pensiero il paziente crede che i pensieri gli vengano sottratti; nell’inserzione del pensiero avverte i propri pensieri come estranei, inseriti dall’esterno; nella trasmissione del pensiero, è presente il convincimento delirante che i pensieri vengano sottratti dalla mente e in qualche modo resi pubblici.
La psicoterapia cognitivo comportamentale prevede interventi familiari volti alla modificazione della rete di sostegno per prevenire le ricadute del paziente e migliorare il funzionamento di supporto informandoli sulla malattia, accettandone la definizione e non ritenendo la famiglia la causa, sottolineando il peso e il ruolo che hanno nel paziente. A tal proposito, uno degli obiettivi principali a livello terapeutico e psicoeducazionale, è diminuire l’emotività espressa all’interno della famiglia, ossia il livello di ipercriticismo, ostilità, ipercoinvolgimento emotivo, intrusività, iperprotettività, presenti nella comunicazione tra i membri familiari. Questi fattori, insieme agli eventi di vita spiacevoli del paziente, rappresentano una forma di stress che risulta essere direttamente correlata alla frequenza delle ricadute e quindi alla gravità della prognosi della schizofrenia.